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David Bollier la Rinascita dei Commons

Ho acquistato questo libro pensando, nella lettura di fare un ripasso di cose che già conoscevo, invece, inaspettatamente, il libro mi ha aperto a tantissime esperienze e nozioni che non conoscevo. Il punto del libro è sciogliere il suo nodo principale, cosa è il bene comune, e cosa sono i commoners?

Una volta capito e inquadrato il problema, il libro ha esaurito la sua importantissima funzione terapeutica. Capire cosa è il bene comune, e come oggi si interfaccia insieme al bene pubblico e ai servizi offerti dai tantissimi privati. Non è difficilissimo ma bisogna farci mente locale. Il bene comune non è il residuo tra bene pubblico, dello Stato e bene privato, è un'altra cosa. Prima di tornare alla definizione di bene comune, si parla di un modello per così dire “temporale” che riguarda il bene comune,

le enclosures e l’intervento del pubblico. In principio c’è sempre il bene comune, la foresta, che viene sfruttata e curata allo stesso tempo da tutti, è un bene del quale tutti possono approfittare. Questo bene non è deregolamentato, anzi ci sono tradizioni prassi orali che lo regolamentano abbondantemente, ma non essendo scritto, il bene viene, appena possibile, privatizzato “chiuso”, recintato dal primo privato, per poi passare velocemente nella sua interezza nelle mani dei privati. Dopo un determinato passare del tempo, in mano ai privati il bene in questione si deve regolamentare, perché le leggi del mercato lo hanno reso non più fruibile correttamente, e dunque in questa fase la palla passa alla regolamentazione pubblica, nelle sue varie e differenti modalità, tipo l’authority, la legislazione etc.

Un esempio che ricorre spesso sul libro è la storia della rete internet. Nata dalla liberalizzazione di una rete preesistente, e regalata agli internauti, per anni ha vissuto in una comunità di programmatori, per lo più legati alle università che la trattavano come bene comune, come se non fosse di nessuno. Esistevano delle regole non scritte (una di quelle che ricordo dagli anni’90 si chiamava “netiquette”), che venivano rispettate da tutti; poi arrivarono i grandi privati e la regola “the winner takes all”, cioè chi vince e riesce a commercializzare opportunamente il suo sito, prende tutta la rete, anche se ha copiato dei codici preesistenti e ha solo aggiunto qualche stringa di programmazione in più.

Adesso ci troviamo sempre più con l’esigenza di dovere inserire regole, leggi, vista l’importanza della governance di determinati siti tipo i motori di ricerca o i social network nella vita di tutti i cittadini mondiali. Come si è capito l’argomento è attualissimo, e esiste ancora tanto che non sia stato “recintato” al mondo, patrimonio faunistico, paesaggistico, culturale, tutta una serie di cose che non vanno perse, o vanno recuperate. Nei paesi in via di sviluppo le enclosures continuano, nei paesi già sviluppati, e adesso cosiddetti “vittime della globalizzazione” invece nasce una grande voglia di recuperarne il concetto. Un libro ottimo, da leggere e da non perdere, scritto in maniera semplice e mai noioso, è molto pragmatico nello spiegare fatti e storie delle enclosures e dei beni comuni. Davvero un bel breviario.

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