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Arte e Decontestualizzazione: L'ultima Cena

Non bisogna perdere mai l’occasione di parlare di arte e di cultura, anche se sulle tastiere e sui marciapiedi salernitani infiamma la polemica proprio in questo 13 aprile che è anche il Giovedì Santo. Conosco poche cose, ma una delle poche cose che ho imparato è che l’espressione umana e soprattutto l’espressione attraverso l’arte non si censura, ci si può offendere, si può contestare, ma una volta che si mette in campo un prodotto o un riprodotto, non si può o deve censurare. In questi giorni ha fatto molto scalpore questa locandina. Non Conosco gli scopi e le persone che hanno organizzato la serata in merito a questa locandina, raffigurante una allegoria dell’Ultima Cena Vinciana, ma francamente l’idea mi ha divertito e non mi ha affatto scandalizzato. Una nota a margine prima di iniziare con le mie ragioni, nella Chiesa Cattolica non esistono le Icone Sacre, questo culto è proprio della chiesa Ortodossa. L’ultima Cena di Leonardo da vinci, Icona Pop, visitata nel 2015 da 422 mila persone, è un affresco in una parte sconsacrata di una chiesa che è proprietà dello Stato, e comunque non è nella parte della chiesa dove si celebravano i riti religiosi. Qui si ferma la mia competenza religiosa, e prima di parlare di arte e provocazione, va detta una cosa in particolare: l’arte è decontestualizzazione. La decontestualizzazione è l’estrazione dal contesto in cui si trova la realtà per prendere l’oggetto soggetto d’arte e renderlo qualcosa di diverso, di nuovo. Insomma, capita di molto frequente che l’artista, al fine di rendere visibile un tema in particolare, per trasmettere un particolare stato d’animo, utilizzi delle icone già famose, le decontestualizzi e ne faccia un prodotto nuovo, che è questa volta al servizio della sua opera e di quello che intendeva dire. Faccio qualche esempio, tutti guarda caso di natura religiosa.

Se Maurizio Cattelan realizza una scultura con Papa Giovanni Paolo II colpito da un meteorite (scultura presentata nel 2001 e battuta all’asta ad oltre 800 mila sterline, oggi dal valore inestimabile), è evidente che ha usato la provocazione per dire altro, non per descrivere, né per auspicare la morte dell’amato Papa Woytila. Un altro esempio, che è meno conosciuto, è di Erik Ravelo, ed è la famosa “intoccabili”, dove l’artista usando l’icona della crocifissione fa riferimento alla pedofilia, al turismo sessuale, alla guerra, al traffico di organi, alla vendita libera di armi in America e all’ obesità infantile causata dalle multinazionali come Mc Donald.

L’immagine però è molto forte e per chi è cattolico, a prima impressione può dare fastidio, ma è evidente che il messaggio cattolico nell’opera di Ravelo, che decontestualizza l’icona del crocifisso, si rafforza, e chi è davvero cattolico, non può che uscirne rafforzato.

Va detto che la religiosità è l’ultimo baluardo di una certa avanguardia artistica e il gioco delle parti tra istituzioni ecclesiastiche e mondo clericale versus artisti cosiddetti di rottura è un mantra che negli ultimi anni si è ripetuto decine di volte, causando anche un interessante dibattito, che ha prodotto ovviamente fortune e visibilità per gli artisti di rottura. Un altro esempio a proposito delle icone, questo potrebbe fare davvero incavolare i cattolici praticanti.

Due artisti argentini Pool Paolini e Marianela Perelli, hanno realizzato l’opera “Barbie, the plastic religion”, raffigurando una barbie/madonna e un Ken San Giuseppe, in una “regolamentare” scatola/giocattolo, ovviamente non per offendere il culto mariano, ma per un atto di accusa contro i gadget a sfondo religioso, prodotti da privati che non hanno nessuno scopo di diffusione religiosa, soltanto scopi commerciali, pur trattandosi di immagini di santi e divinità cattoliche. Appunto veniamo alla “sacra” icona dell’ultima cena, capolavoro realizzato da Leonardo da Vinci, autore famoso anche per la annosa diatriba tra biografi storici e critici d'arte in merito alla sua omosessualità. La riproduzione e, per così dire, lo sfruttamento in chiave squisitamente commerciale dell’ultima cena è stata realizzata in tutte le forme e tutti i materiali, tralasciando Dan Brown, riporto qualche esempio: Abbiamo un bellissimo Puzzle Clementoni

dell’Ultima Cena, poi c’è una meravigliosa moneta d’oro della serie "il rinascimento italiano", ma anche una riproduzione scultorea “made in china”, un gadget proveniente dal portalone cinese alibaba.com, ed in ultimo un pò di satira, una maglietta, dove Gesù “salva” un apostolo che si sta affogando con la famosa “manovra heimilich”. Appunto, decontestualizzare, usare qualcosa, meglio se famosa, meglio se sacra per qualcuno, per i propri scopi, mondani e commerciali, è questa la sintesi di ciò che sta accadendo, e poco importa se la grafica è irrispettosa, è stata usata per presentare un evento ed è stata usata per scopi

commerciali, quali una festa in un bar, con ottimi risultati, stando ad intendere che si tratta di una festa gay, con buona pace di chi da questa realizzazione è turbato, chi l’ha pensato l’ha fatto apposta, ed ha usato, come si fa tutti i giorni, un semplicissimo meccanismo culturale volto a provocare l'indignazione dei cosiddetti “bigotti”. Una parola sui “bigotti”, non vi dovete sentire tali, è normale che siate indignati e fate bene a farlo se sentite di doverlo fare, dovete solo sapere che ogni realizzazione di questo tipo, cioè provocatoria, attende una reazione, e quella vostra è quella che si attendono. Tutto sommato questo manifesto (che sia felice o infelice decidete voi) ha avuto il potere di risvegliare il sopito sentimento cattolico di questa Città, spesso soffocato, consentitemi, dal familismo amorale. Che la Morale allora incominci di nuovo a popolare i giorni di questo popolo addormentato in cerca di cuoppi e sistemazioni, che si indignano per un offesa all’ultima Cena, ma non proferiscono parola quando il Comune di Salerno abbandona la processione del suo Santo Patrono. Decidiamo, e andiamo avanti, offendersi per un manifesto non basta.

Davide Gatto

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