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La Campagna #DeleteUber innesca il Boom di #Lift

Premetto che mi piacciono da morire le storie di boicottaggio da parte dei cittadini, premetto che non mi sono mai piaciuti i governi repubblicani degli ultimi 25 anni negli Stati Uniti, premetto che per una questione derivata dall’anzianità e dal fatto che neanche i presidenti democratici mi hanno soddisfatto, preferisco aspettare per giudicare il presidente gaffeur, improvvisato nelle vesti di politico; tuttavia la storia che sto per raccontare merita di essere raccontata, e spero che sia di vostro interesse, il giudizio lo lascio a voi.

In questo post parlo della storia riguardante il recente boicottaggio di tanti cittadini americani nei confronti della piattaforma di condivisione “Uber”, che mette in contatto autisti con persone che necessitano di un passaggio, dietro pagamento.

Recentemente è stato approvato dall’Amministrazione Trump un “Presidential Excecutive Order” che in sostanza per 90 giorni impedisce l’ingresso negli Stati Uniti alle persone provenienti dall’Iraq, Siria, Iran, Libia, Somalia, Sudan e Yemen. Alle già proteste già in atto negli Stati Uniti contro il neo presidente Donald Trump, si aggiunge la reazione e la protesta degli oppositori a questa nuova iniziativa del governo statunitense. La protesta si sposta dalle strade ai terminal aeroportuali, migliaia di persone si lamentano di questi improvvisi quanto mirati respingimenti, sia nel merito che nel metodo e soprattutto si lamentano di quello che potrebbe combinare il presidente Trump in futuro.

Nasce L’hashtag oramai famoso #MuslimBan, che dice tutto, e che è stato contestato anche dai portavoce del Presidente Trump. Secondo l’amministrazione Trump è tutto regolare e non c’entra l’antislamismo, altrimenti la legge emanata dal Presidente sarebbe ovviamente anticostituzionale. Ma durante questa manifestazione all’aeroporto JFK, nasce un altro caso.

Durante la protesta, il sindacato “taxi workers alliance” ha chiesto a tutti i tassisti, incluso quelli di UBER, di non lavorare nella tratta per l’aeroporto JFK per 2 ore il sabato dopo l’approvazione del “Presidential Executive Order” per protestare contro il provvedimento. “non possiamo restare in silenzio. Noi andiamo a lavorare per dare il benvenuto a persone che vengono in un Paese che tempo fa ha dato il benvenuto a noi” Scrive questo sindacato di tassisti su Twitter.

La risposta di Uber, è stata un messaggio urbi et orbi che informava i clienti che avrebbe cambiato in quel giorno la politica di prezzi sulla tratta per JFK. Questo è stato visto come un tentativo di boicottare lo sciopero, e nello stesso tempo di approfittare della situazione per promuovere ulteriormente la app di UBER, tra l’altro questo comportamento ha trasformato gli autisti di UBER nei confronti dei cittadini americani che protestavano e degli altri tassisti in dei crumiri (nulla di più improbabile, un autista può collegarsi a qualsiasi piattaforma di condivisione iscrivendosivi o disiscrivendovisi).

Nonostante le smentite della società, tra l’altro tradive, nasce una campagna sfegatata contro la app di UBER, si diffonde l’hashtag #DeleteUber che viene condiviso tantissimo, anche dalle star di hollywood. Nasce un vero e proprio movimento di opinione per il boicottaggio a Uber e si scopre che l’AD di Uber Travis Kalanik è nel team di consulenti economici del Presidente Trump insieme a Elon Musk (Tesla). il co-fondatore e amministratore delegato dell'app di car sharing Travis Kalanick ha addirittura definito "sbagliato e ingiusto" il bando all'ingresso di cittadini di sette paesi a maggioranza musulmana ordinato dal tycoon, ma davvero la frittata era già stata fatta.

In poche ore la campagna contro UBER ha un effetto devastante, ma non dal punto di vista politico, dal punto di vista del mercato. Il principale concorrente di UBER, LIFT diventa in poche ore leader di mercato in assoluta solitudine, almeno in quanto a download della App. Questo competitore era sempre stato al di sotto del 40 posto nelle app scaricate dell’apple store, in 2 giorni è passato al settimo, addirittura davanti a big come youtube e facebook. Lift arriva fino ad essere 4 posto nelle app scaricate, praticamente si passa da 25 mila clienti a oltre 200 mila, decuplicando il suo giro di affari, in pochissime ore.

Vedremo come andrà a finire, oggi il popolo americano ha una piattaforma di condivisione per il trasporto privato governativa e un'altra antigovernativa. Probabilmente i clienti e gli autisti potranno scegliere. Ma è davvero impossibile non pensare ad alcune cose….

Intanto il successo di queste piattaforme di condivisione (aka sharing economy) sono di successo e possono finire alle stelle esattamente con la velocità di un titolo nasdaq, le loro politiche devono protendersi verso il sociale. I posti di lavoro di qualità ed il CEO sono sempre in pericolo. Chi è dirigente o addetto di medio livello per UBER fino a giovedì scorso avrebbe potuto sposarsi, acquistare una casa, un auto tutta sua, oppure prenotare un viaggio, oggi, invece dopo una settimana, rischia di trovarsi licenziato. Stessa cosa per un CEO che una rete di consumatori politicizzati può trasformare da miliardario a coglione con un tweet. Non vengono toccati gli autisti e nemmeno i clienti, restano tutti pagati pochissimo e per quanto riguarda l’utenza, ci vuole poco che arrivi un'altra rete a prendere il posto di quella “vincente”.

Mi salta in mente quello che diceva Andy Warhol, nel futuro ognuno sarà famoso in tutto il mondo per 15 minuti, probabilmente in questo futuro, anche chi diventa miliardario con la sharing economy lo diventerà per soli “15 minuti”.

Davide Gatto

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