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La Carità Che Uccide - Dambisa Moyo

Trovo molte difficoltà a parlare di un libro che del tutto non mi è piaciuto, questo libro di Dambisa Moyo è probabilmente uno di quei casi. Probabilmente perché non mi ritrovo nell'impianto liberista, a mio avviso eccessivamente liberista, che l'autrice imprime al suo lavoro. ma andiamo per gradi.

Il libro è scritto come dovrebbe scriversi un vero best seller, non c'è che dire, la chiarezza e la comprensibilità ne fanno un libro che può uscire tranquillamente dalla stretta cerchia dei "lettori economici" per presentarsi ad un pubblico più vasto. Il tema è trattato con cura e con l'ampiezza necessaria affinché chi legge possa capirci qualche cosa. La parte che decisamente mi piace del libro e che sicuramente mi ha arricchito, è la sua critica feroce alle politiche degli aiuti.

Quante volte abbiamo sentito in questi anni la mitica frase "aiutiamoli a casa loro?" ebbene la studiosa columnist del Financial Times ci spiega in maniera a dire poco spietata, che le politiche degli aiuti non servono, danneggiano quel poco di economia che sopravvive nel continente africano, fa nascere un business falsato e una fiscalità drogata grazie al fatto che i cittadini che non controllano i flussi di spesa dei burocrati perché "tanto non sono soldi loro", e, oltre a generare danni, oramai teorizzati in tanti rapporti della World Bank, non disincentivano affatto i flussi migratori dall'Africa agli altri continenti. Questa parte del libro è molto interessante.

Da lettore, forse vi sembrerà paradossale, ho trovato anche dei punti di affinità su quello che è il problema dei fondi europeo obiettivo 1 riservati dalla comunità europea al mezzogiorno d'Italia, che a tutto servono fuorché alla coesione, e in buona sostanza sono d'accordo con il fatto che questi aiuti fanno muovere qualcosa ma non sono affatto risolutivi, anzi a volte possono anche fare qualcosa di assolutamente diverso da quello che è la premessa del finanziamento stesso.

Un esempio di questi danni è il caso conosciuto come micro/macro. Mettiamo che ci siano dei venditori in africa di pizzette, che vivono vendendo pizzette all'interno delle loro comunità. Mettiamo che una grossa ong si mette a fare una campagna di fund raising con George Clooney, e migliaia di pizzette vengono portate in quel paese. Va da se che oltre al fatto che questa azione sfama una vasta collettività di persone affamate, con buona probabilità, il signore che vendeva pizzette nel frattempo ha chiuso il suo piccolo forno. Nessuno farà più pizzette perché tutti si abituano ad aspettarle gratis.

La seconda parte, dopo aver demolito per bene la questione degli aiuti, dei vari piani Marshall passati presenti e futuri, mette in campo le eventuali soluzioni che possono muovere il continente africano verso una crescita economica ed uno sviluppo. Sul fatto che il commercio e l'intervento di capitale privato finanziario o imprenditoriale abbia sortito effetti migliori della politica degli aiuti non vi è alcun dubbio, ma a mio avviso la piattaforma di proposte della Moyo è deludente perché si muove troppo sulla traccia liberista e vede uno sviluppo di un africa troppo simile a quello che oggi sono gli Stati Uniti. Per mia opinione questa sarebbe una iattura, ma ovviamente rispetto lo spettro di soluzioni previste dalla saggista. Trovare dei punti di contatto è facile, il richiamo alla microimprenditorialità, alla esperienza oramai consolidata anche in africa della varie Grameen di Yunus, è decisamente una leva che mi piace più del "volano infrastrutturale" oppure di un certo tipo di commercio mondiale.

Non posso non consigliarvi questo libro, anche se per me certe ricette in salsa liberista risultano indigeste, sicuramente è un libro utile che può avvicinare alla verità sul continente africano milioni di lettori.

Davide Gatto

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