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Il Sud deve morire. di Carlo Puca. Una pessima recensione.

Questo libro sul mezzogiorno è una narrazione di fatti, statistiche, persone, luoghi riguardanti il mezzogiorno, l’autore inserisce o per meglio dire “spezza” il racconto alternando episodi di varia gravità, statistiche, territori, personaggi più o meno colpevoli di un mezzogiorno oramai alla frutta, anzi neanche quella vista l’invasione delle arance marocchine. Sembra di ascoltare la canzone di joe sarnataro "non si salva nisciun", anche perché l'autore racconta con minore approssimazione e maggiore sentimento i fatti di Napoli e della provincia di Napoli.

Probabilmente il difetto del libro è il suo volere essere enciclopedico, il parlare di tutti i problemi e di tutti i luoghi, il che lo fa diventare una perfetta enciclopedia di dati e fatti, redatta da un giornalista che questi fatti li ha vissuti e trattati, ma può risultare dispersivo per il lettore, si passa da autogrill puzzolenti al lavoro nero agli abusi edilizi al fenomeno migratorio fino alla importantissima questione di utilizzare il forno a legna per le pizze.

Se potessi parlare all’autore, gli consiglierei di “sfrondare” il più possibile. Il libro a tratti sembra scritto da un giallista, che non vuole svelare l’assassino fino al finale.

Tutti i sindaci descritti sono dei coraggiosi eroi (eccezion fatta per Rosa Capuozzo), l’autore non risparmia stilettate ai deputati nazionali di origine meridionale e al governo Renzi, tuttavia il libro rischia di essere una lista infinita di colpevoli, che non reagiscono, che non sanno o non sanno fare quello che ci vorrebbe del Sud.

Da esperto narratore, con il piglio del giornalista, Puca non risparmia i suoi ritratti, va detto dall’inizio che non dimostra grande ammirazione per il Movimento 5 Stelle, ma nonostante questo, nonostante anche il fatto che il libro manca di organicità, e cerca troppi colpevoli, magari cercando di “assegnare” la colpa a quanti più attori e componenti possibili, per poi cercare di scagionare al motto di “tutti colpevoli nessuno colpevole”. Faccio un esempio. Se si fa una lista di come sono stati spesi male i finanziamenti europei e poi non si dice che i finanziamenti europei andrebbero eliminati perché portano più danni che benefici, mantenendo la posizione che “comunque qualcosa di buono fanno”, allora si capisce che l’autore tende ad una assoluzione piena di tutte le forze in campo, eccezion fatta per criminali e ladri patentati, naturalmente. Diventa allora un problema culturale? Se è così, allora le soluzioni sono poche, ma è li che si vuole arrivare.

Ma al di là di questo aspetto, il lavoro di Puca ha comunque un valore che va riconosciuto in quanto si tratta di un ritratto aggiornato e completo di tante situazioni che l’autore ha vissuto di persona nella sua professione di giornalista. Dall’Aquila a Viggiano, da Barletta a Casalnuovo, dai politici del Sud, presi per nome ad uno ad uno, le 20 zone ASI costate 8 miliardi e oramai improduttive, nonostante il carico di opinione che il narratore mette nel suo libro, il libro, fatti i necessari tagli, deve essere letto da chi si interessa dei problemi del mezzogiorno.

La lettura di questo libro e le difficoltà che l’autore trova nel trovare il bandolo della matassa, aprono ad un ragionamento sui problemi del mezzogiorno e dall’impossibilità di poter prendere il problema nella sua interezza. Probabilmente il Sud va migliorato affrontando i problemi distintamente, con regole e azioni ad hoc per ciascun problema, dalla viabilità alle infrastrutture in genere alla lotta alla camorra, alla produzione industriale al comparto turistico, la gestione della risorsa mare intesa come turismo o intesa come pesca, l’agrizootecnia, la cultura.

Leggendo il libro pare strano che l’autore parli di sindaci anticamorra paladini del territorio e non si soffermi accuratamente sul fenomeno del voto di scambio e le conseguenti nomine clientelari, che, probabilmente meriterebbero un libro a parte. A onore del vero il libro si riscatta nelle sue conclusioni, che spesso sono la nota dolente di tutti i saggi di economia sociale, lì l’autore scrive cose decisamente condivisibili, peccato per il resto del libro che sembra un “mischiafrancesco” senza organicità.

Alcuni brani della parte conclusiva sono da citare: “confondendo il diritto al lavoro con un diritto ad un reddito, cioè ad una prebenda pubblica, unico collante di un popolo, il nostro, altrimenti diviso per campanili.” Per Puca la via è distruggere uccidere il vecchio sud e aprirsi a quello che è il mondo oggi, variabile e interconnesso. Sicuramente una strada.

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