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"Merito vs Privilegi. Una lettura di Čhecov

Pubblichiamo il primo intervento di un lettore che ha preferito rimanere nell'anonimato, e ha recensito per noi un classico:

"Il Giardino dei Ciliegi" di Anton Checov, scritto a più riprese e messo in scena la prima volta poco prima della morte, ha la capacità di mettere a nudo un vizio comune, con il quale spesso ci troviamo confrontati, ovvero l'incapacità di affrontare e accettare la realtà. La fine si avvicina ma nessuno ha il coraggio di affrontare la situazione, il tempo scorre inesorabilmente mentre vani tentativi di cambiare prima che tutto sia inesorabilmente perso rimangono inascoltati. Quante volte ci siamo trovati nostro malgrado in situazioni simili?

Nella foto una rappresentazione del "Giardino dei Ciliegi" tenutasi al Teatro Quirino.

Sia quando eravamo noi a non voler affrontare i problemi sia quando, inultimente, ci adoperavamo per aiutare chi non voleva farsi aiutare. Il teatro racconta con grande naturalezza vizi e virtu' umane per farci scoprire un pezzo per volta qualcosa in più di noi.

Quest'opera non parla solo a noi stessi ma offre interessanti spunti di riflessione sulla società contemporanea. "Il Giardino dei Ciliegi" racconta la fine di un'epoca: la ricchezza accumulata non per meriti ma per privilegio è stata depauperata in modo dissennato, la messa all'asta del Giardino dei Ciliegi, il simbolo di un passato che non esiste più, diventa un momento cruciale di passaggio dove chi, attraverso il lavoro, il coraggio e l'iniziativa, vedrà riconosciuto il proprio valore e costruirà il proprio futuro.

Molti inneggiano alla fine di una società dove i privilegi prevalgono e il merito fatica ad essere premiato. Coloro che basano la propria vita sul duro lavoro aspettano impazienti la fine per un nuovo inizio.

Forse questa messa all'asta non la vedremo mai, forse nemmeno i nostri figli. Il teatro ci dà speranza: Ermolaj Alekseevič Lopachin, figlio di servi che non potevano nemmeno entrare in cucina, diventa il proprietario del giardino, toglierà le amenità - i ciliegi che allietano la vista vuota degli aristocratici - per costruire nuova ricchezza e nuove possibilità.

E' solo questa tensione verso un futuro diverso che permette, ogni giorno, di affrontare le avversità, la fatica, l'ingiustizia. Senza questa speranza, all'asta non si presenterà chi incarna il nuovo corso o si presenterà forse sguarnito dell'unico capitale che nessuna crisi potrà mettere a repentaglio. Il vero capitale da costruire è fatto di valori, di lavoro e di abilità faticosamente costruite.

E' l'unico capitale sotto il nostro vero controllo. Alla fine avremo anche un sorriso benevolo nei confronti di Lijuba, la stravagante aristocratica sull'orlo della bancarotta, perché, in fondo, mostra solo l'umana difficoltà di affrontare un nuovo corso al quale molti non sono preparati.

Questo ci induce a non metterci in una posizione di giudizio rispetto a chi rimane aggrappato al vecchio corso. Il cambiamento è difficile per tutti ed è una sfida collettiva. Andiamo a teatro a vedere questa o altre storie, perché il teatro, forse con un linguaggio con il quale bisogna fare un po' di allenamento, parla al nostro cuore e alimenta la comprensione della realtà che a volte ci sfugge.

By Redazione

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